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Rigenerarsi con lo Shinrin-yoku, il "bagno nella foresta"

«Ho passeggiato tra i boschi e ne sono uscito più alto degli alberi»

— Henry David Thoreau

filosofo, scrittore e poeta statunitense

 

 

Non è un mistero che passeggiare nella natura abbia da sempre effetti positivi sul nostro benessere fisico e mentale.

Studi scientifici sono in grado di dimostrare con dati misurabili quanto una passeggiata nel verde possa incidere positivamente sul nostro sistema nervoso e sul nostro apparato cardiovascolare, regolarizzando il battito cardiaco e diminuendo i livelli di cortisolo (l’ormone dello stress), principale responsabile dell’insorgere di patologie.

 

I giapponesi hanno addirittura un termine specifico – ufficialmente adottato dal Ministero dell’Agricoltura negli anni Ottanta  - per indicare questa attività: lo “Shinrin-yoku” (森林浴), che potremmo letteralmenente tradurre  in italiano come “trarre giovamento nella natura” o “bagno nella foresta”.

 

Non a caso “Shinrin-yoku”  viene tradotto come “bagno”, richiamando una pratica storicamente legata alla purificazione e ai riti religiosi comuni a molti popoli.

Una parola-oggetto potente quindi, che ben traduce l’esperienza immersiva del calarsi a 360° nella natura con il corpo e con lo spirito, misurando con i cinque sensi ciò che ci circonda.

Un'azione introspettiva, legata al privato (come fare il bagno, appunto), che ci permette di rientrare in contatto con la nostra dimensione più intima e ancestrale, portandoci a ristabilire un contatto quasi sacro con i luoghi della madre terra, la nostra culla primigenia, per riattivare la nostra parte più istintuale e rigenerarci attraverso l'atto del camminare, uno dei primi gesti che abbiamo imparato a fare - oltretutto da soli - da bambini.

 

Ecco quindi che il camminare passo dopo passo diventa taumaturgico, qualcosa che miracolosamente ci salva dal caos del mondo esterno per avvicinarci ad una dimensione interiore meno strutturata, una stanza del sé in cui siamo spogliati da oneri e onori e possiamo permetterci di essere semplicemente noi stessi.

 

Secondo Erin Niimi Longhurst, autrice anglo-giapponese del libro “Japonisme”, per praticare al meglio il “bagno nella foresta” è consigliabile lasciare a casa i dispositivi elettronici, entrare in connessione e assorbire quello che ci circonda possibilmente in silenzio, senza guardare l’orologio o il contapassi, e seguire il proprio istinto per delineare di volta in volta il percorso, senza prefissarsi una meta precisa, fermandosi a piacere, quando lo si ritiene necessario, anche più volte lungo il cammino.

 

Secondo la Longhurst se riusciremo a lasciare a casa il nostro bagaglio emotivo e considerare lo “Shinrin-yoku” come una fuga dalla quotidianità e un’esperienza del “qui ed ora” la nostra mente gradualmente si farà spazio tra i pensieri e tornerà ricettiva, così che con la pratica riusciremo finalmente ad “accorgerci” [dal lat. *accorrĭgĕre, comp. di ad- e corrĭgĕre «correggere»],  cioè a scorgere con la mente guardando l’essenziale, conquistando una coscienza più profonda del nostro essere.

 

Meno fit-ness, quindi, e più well-ness.

 

Vittoria Poletti

 

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FONTI:

Le immagini di questo articolo sono contenuti originali realizzati da Vittoria Poletti per ©Lettera11. Riproduzione riservata.